
Tra le sostanze che si sviluppano nella pianta alcune vengono definite di riserva, le più importanti sono l’arginina, l’amido, il fosforo e il potassio
Si avvicina la ripresa vegetativa e con essa sorge il solito dilemma di inizio anno: quando è il periodo più idoneo per cominciare l’apporto di fertilizzanti?. Molte le tecniche tradizionali prevedono apporti in inverno di concimi organici, misti organici e minerali in base a quello che in passato erano le necessità sia logistiche che tecniche, tralasciando a volte che i nostri sistemi produttivi sono stati migliorati, c’è più probabilità di poter intervenire con buoni impianti di fertirrigazione per apportare gli elementi alla domanda reale della coltura e che abbiamo una disponibilità idrica maggiore rispetto al passato.
Questa premessa ci permette di addentrare nella materia in modo critico e rispettando le esigenze delle piante cha andremo a nutrire. Partiamo dal presupposto che l’organo adibito all’approvvigionamento e all’immagazzinamento dei nutrienti, la radice, si trova in un sistema in cui suolo, pianta acqua concorrono ad avere un’efficienza nutritiva. L’apparato radicale necessita che le temperature del terreno siano superiori ai 14 gradi per potersi sviluppare, e nei nostri areali questa condizione si verifica ben più tardi della ripresa delle attività da parte delle piante. Per questo motivo gli apporti di fertilizzanti durante i mesi invernali a volte sono completamente inutili. Ben più utili sono gli apporti durante i mesi autunnali in fertirrigazione, momento in cui la pianta ancora attiva immagazzina elementi proprio per supportare le prime fasi di sviluppo. Nelle specie caduche infatti i primi stadi di sviluppo della campagna produttiva sono sostenuti dai diversi nutrienti di riserva che sono stati accumulati durante la stagione precedente, questo perché la ripresa vegetativa non sempre viene seguita dalla ripresa dell’attività radicale.
Tutti i nutrienti, tra cui l’azoto, il fosforo e il potassio, vengono assorbiti dalle piante in diverse forme ioniche, che da sole non esercitano alcuna funzione al loro interno.
Tra le sostanze che si sviluppano nella pianta alcune vengono definite di riserva, tra le quali le più importanti sono l’arginina, l’amido e in altri modi il fosforo e il potassio. Le colture in cui l’analisi delle riserve è maggiormente utilizzata sono l’uva da tavola e da vino, sempre più frequentemente nel noce, nel ciliegio e in altre specie decidue.
L’Arginina
Questo è uno dei 20 amminoacidi essenziali sintetizzati in tutte le specie vegetali ed è considerato la principale fonte di riserva azotata per le piante e in particolare per le caducifoglie. In generale l’accumulo di questo amminoacido inizia al principio dell’autunno (inizio caduta foglie), raggiungendo il suo picco nei mesi invernali, il principale “sink metabolico” o organo sink è la radice, poiché ha strutture specializzate per la conservazione di questo amminoacido. I valori normali di riferimento sono compresi tra 2,5 e 3,0% (o 25-30 mg / g), anche se variano a seconda della zona, della specie e persino della varietà.
Questi livelli dipendono dallo stato nutrizionale del frutteto, dall’intensità del freddo invernale e dalla data del campionamento, che dovrebbe coincidere con la pausa invernale massima (riposo vegetativo) nei climi temperati freddi (Cile, Spagna, Italia, California, ecc.)
L’analisi dell’arginina può essere utilizzata come indicatore delle riserve nutrizionali, come indicatore della nutrizione azotata, ma soprattutto come indicatore metabolico generale della pianta, cioè con l’analisi dell’arginina si possono avere notizie riguardanti la condizione metabolica delle diversi specie decidue, in particolare della vite. Una vite con un alto contenuto di arginina nelle radici, non deve necessariamente essere interpretata come vigorosa, al contrario riflette una condizione di equilibrio da parte delle piante. In conclusione, l’interpretazione corretta di questa analisi ci aiuta ad avere un’idea preventiva di come si comporterà la coltura nella stagione successiva.
I carboidrati come l’amido
Contrariamente all’arginina, il suo accumulo inizia presto durante la stagione, verso la fine della primavera e durante l’estate, raggiungendo il suo massimo nel periodo invernale. Questo accumulo è molto più alto nella radice rispetto ai rami poiché ha strutture specializzate per il suo accumulo.
Il maggior utilizzo di questa riserva comincia dal germogliamento e diventa minimo verso l’estate quando in genere si verifica il flusso di accrescimento radicale. Questa traslocazione avviene dagli organi di riserva verso i nuovi germogli ed è di vitale importanza avere livelli adeguati per il normale sviluppo del materiale vegetativo. I valori normali oscillano tra 2,5 e 3% e devono essere correlazionati con i livelli di arginina.
Bassi livelli possono essere causa di basso vigore, inoltre il poter contare sul suo monitoraggio può aiutare nel recupero di piante poco sviluppate o nel controllo dell’eccessivo vigore.
Nella vite dalla fase di accrescimento frutto sino alla raccolta si produce un grande consumo di corboidrati da parte di tutti gli organi della pianta, i frutti possono arrivare a consumarne fino al 70% quindi un buon funzionamento metabolico ha una diretta relazione con lo stato nutrizionale della pianta. In questo processo il potassio e il fosforo giocano un ruolo fondamentale. Gli organi competono sia per carbodrati come per il potassio, una scarsa disponibilità di entrambi potrebbe influenzarne la successiva induzione a fiore.
Il fosforo nelle radici ha un comportamento simile all’arginina accumulandosi nelle radici da fine estate e raggiungendo il suo massimo a fine inverno, muovendosi un po più tardi durante il germogliamento verso la fioritura, si ritiene che abbia un incidenza diretta sulla quantità e qualità del primo flusso di accrescimento delle radici oltre a fornire l’energia necessaria per il germogliamento, è per questo motivo che è essenziale prendersi cura delle radici e monitorare i livelli di fosforo tanto nelle foglie quanto nelle radici (in inverno). Si considera che valori tra 0.15 e 0,2 % sono sufficienti per un buono stato di riserva.
Il potassio nelle radici è ancora in discussione poiché non è stata descritta alcuna forma specifica di riserva. Anche perché una grande percentuale di questo è concentrata nei frutti e la sua domanda sarebbe coperta da ciò che può accumulare la parte aerea delle piante. Questo è vero quando i livelli di potassio sono a livelli normali nella parte epigea, ma questo non è sempre soddisfatto a causa del cattivo monitoraggio nutrizionale delle piante e dei programmi di concimazione poveri e che terminano troppo presto durante il cilo. È stato inoltre descritto che sono stati ottenuti migliori germogliamenti e rese quando i livelli di potassio nelle radici sono compresi tra 0,35 e 0,45%.