
Uno dei compiti principali del calcio nelle piante è quello di formare pectati, composti chimici che compongono la parete delle cellule vegetali
La sua funzione strutturale è quindi direttamente correlata alla stabilità dei tessuti vegetali, e pertanto con il comportamento post-raccolta del prodotto (deperimento, imbrunimento, perdita di consistenza etc.) e la probabilità di subire alterazioni anche in preraccolta (incrinatura dell’albedo, cracking delle drupacee e uva da tavola, butteratura del melo, etc.). Come componente essenziale cellulare la sua carenza si manifesta infatti con le fisiopatie causate dal collasso strutturale delle cellule in cui in mancanza di strutture specializzate e in presenza di disordine cellulare si verificano alterazioni fisiologiche che influiscono sulla qualità e sulla commercializzazione del prodotto finale.
La sua presenza nelle cellule del frutto è infatti direttamente correlata con una migliore distensione e divisione cellulare dove il calcio collabora insieme al boro ed al fosfato al miglioramento della compattezza e all’elasticità dei tessuti. Questo si relaziona direttamente con la capacità della frutta di mantenere le sue condizioni e la sua compattezza di fronte alle manipolazioni, ai trattamenti del freddo, alla resistenza hai patogeni, e in definitiva a raggiungere un maggiore durata di post raccolta nel viaggio che affronterà la frutta sino alla sua destinazione.
È risaputo che il post raccolta è un periodo chiave che influisce in maniera diretta sulla qualità della frutta. Possiamo quindi aver fatto un eccellente lavoro in campo, ma se il prodotto mal sopporta il periodo che trascorre dalla sua raccolta sino alla vendita, sarà stato per noi un fallimento.
Diversamente da N, P o K, il calcio è poco mobile all’interno della pianta e non può essere trasportato dai tessuti più vecchi verso i punti di crescita nei momenti di carenza, questo perché il suo movimento avviene esclusivamente attraverso i vasi Xilematici. Per intenderci i vasi xilematici sono quelli che hanno il compito di trasportare la linfa grezza dalle radici alla parte aerea della pianta attraverso il “richiamo della traspirazione”. Se ne deduce quindi il calcio arriva al frutto attraverso la traspirazione che esso stesso produce sino a quando è un organo verde traspirante. La sola analisi fogliare del calcio, quindi, non potrà mai dare indicazioni certe sul giusto contenuto di questo elemento nel frutto perché non avverrà la sua traslocazione attraverso i vasi floematici, e cioè quelli che dalle foglie muovono la linfa elaborata verso il basso e quindi verso i frutti stessi. In piante molto vigorose inoltre può prodursi una deficienza “occulta” di calcio nella frutta perché l’eccesso di evapotraspirazione causato dall’eccesso di vegetazione muove il calcio in maniera esagerata alle foglie a discapito del frutto.
Il calcio è un elemento che registra in uva da tavola una piccola quantità di assorbimento nei 27 giorni successivi al germogliamento. Posteriormente l’accumulo si intensifica aumentando da 5,9 g della fase di germogli di 60-70 cm sino ad un massimo di 62,92 grammi nelle 8 settimane successive la raccolta. In contrasto con azoto, potassio e fosforo il contenuto di calcio nei grappoli alla raccolta è molto più basso che negli altri organi vegetativi. Nelle foglie si immagazzina il 67,06% del calcio totale mentre nei grappoli solo il 6,82%.