
Cause e possibili soluzioni legate a febbre di primavera, disseccamento del rachide e rammollimento dell’acino
Gianni Manca, agronomo per AGQ Labs Italia, descrive cause e possibili soluzioni legate a fisiopatie come: febbre di primavera, disseccamento del rachide e rammollimento dell’acino.
Tendenzialmente, quando in campo riscontriamo sintomi riconducibili ad una fisiopatia (alterazioni di natura fisiologica), associamo quest’ultima ad uno squilibrio -carenza o eccesso- di un determinato elemento nella pianta. In realtà, tale condizione non si verifica frequentemente, ma solo in alcuni casi.
Ad esempio, se in un vigneto riscontriamo una forte clorosi ferrica, questa sarà causata da una carenza di ferro probabilmente prodotta da un elevato pH del suolo. Quest’ultimo, infatti, immobilizzando il ferro, causa un deficit dell’elemento nella pianta. Pertanto in un vigneto ad uva da tavola, in presenza di sintomatologie visive riconducibili ad una fisiopatia, sarebbe più corretto parlare di disordini nutrizionali, anziché di carenze o eccessi di un singolo elemento.
Su vite da tavola si verificano spesso disordini nutrizionali che vengono erroneamente scambiati per carenze di un singolo macronutriente primario o secondario. Per capire i disordini nutrizionali della vite è necessario raggiungere un maggior livello di dettaglio: approfondiamo meglio il ruolo dell’azoto in viticoltura da tavola.
Alcune delle fisiopatie dovute a squilibri nutrizionali legati all’azoto sono:
- disseccamento del rachide,
- spring fever (febbre di primavera),
- eccesso di cascola fiorale e rammollimento della bacca.
Si tratta di fisiopatie che si manifestano in fasi fenologiche distinte e i cui sintomi interessano parti diverse della pianta, aventi in comune, tra le possibili cause, anche l’eccesso di azoto.
Non è pertanto sempre corretto associare i sintomi visibili in campo alla carenza o all’eccesso di un singolo elemento. È bene ricordare che gli squilibri nutrizionali possono avere effetti indiretti; l’eccessiva presenza di un elemento, per esempio, può instaurare effetti competitivi per l’assorbimento di altri. Va detto inoltre che un’errata nutrizione azotata comporta stress metabolici, responsabili delle fisiopatie osservate in campo.
Disseccamento del rachide
Il disseccamento del rachide è uno degli squilibri più comuni della vite, tra le possibili cause vi è un’elevata concentrazione di ammonio nei tessuti; più precisamente un’alta concentrazione della molecola putrescina, una poliammina che si forma a partire dall’ammonio. La fisiopatia rientra nel gruppo delle alterazioni fisiologiche a carico del metabolismo di calcio e magnesio. In realtà il disseccamento del rachide si manifesta anche quando le concentrazioni di questi due elementi sono idonee; è l’eccesso di azoto nei tessuti in forma ammoniacale NH+4 ad alterare il metabolismo che regola il rapporto tra i tre elementi.
Per questo, quando in campo ci si ritrova a dover contenere il disseccamento del rachide, è prassi intervenire apportando alla pianta calcio e magnesio, cercando di bilanciare nuovamente l’equilibrio tra gli elementi. In realtà le applicazioni di magnesio, per sortire effetti positivi, dovranno essere preventive. Perché quando mi ritrovo il problema in campo è già troppo tardi. Bisogna sempre lavorare in anticipo per evitare che si verifichi la fisiopatia.
Inoltre risulta fondamentale capire che la gestione complessiva della pianta, ovvero corretta gestione dell’irrigazione, della chioma, della potatura e della radice sono aspetti fondamentali che concorrono a ridurre le fisiopatie in vigneto.
Febbre di primavera
La fisiopatia nota come febbre di primavera si manifesta in primavera in seguito a cambiamenti repentini della temperatura, tipici della stagione. Condizioni di scarsa luminosità inibiscono l’enzima nitrogenasi e determinano un accumulo di azoto ammoniacale. Quest’ultimo viene trasformato in putrescine, il cui accumulo nelle foglie determina la necrosi fogliare. Tale sintomatologia è spesso associata ad una carenza di potassio. Perciò la fisiopatia è nota anche come: “falsa carenza di potassio”.
Rammollimento della bacca
Gli acini dell’uva rammolliscono a causa di un disordine nutrizionale dovuto – anche in questo caso – ad un aumento importante di putrescina. A provocare l’insorgere della fisiopatia, però, potrebbe essere anche la tardiva epoca di applicazione dell’azoto.
Ammonio, molecola utile ma…
L’azoto è l’elemento minerale che le piante richiedono in quantità superiore. Esso è il costituente di numerosi componenti cellulari della pianta, come aminoacidi, proteine e acidi nucleici. Può essere assorbito dalle piante in forma nitrica o ammoniacale. L’azoto nitrico è da preferire a quello ammoniacale. Quando però la pianta assorbe i nitrati, prima di utilizzarli, li converte in ammonio con dispendio di energia. Proprio l’ammonio rappresenta il “mattoncino” grazie al quale sarà possibile garantire il metabolismo degli amminoacidi essenziali che permettono alla vite di svolgere tutte le sue funzioni vitali.
Il problema si pone quando all’interno della pianta si crea un livello elevato di accumulo di ammonio. In queste condizioni la pianta non riuscirà a “processare” le eccessive quantità di ammonio, dando origine alla formazione di metaboliti e amminoacidi. È come se la velocità di accumulo dell’ammonio fosse più alta rispetto alla trasformazione dello stesso.
L’ammonio in eccesso tende a legarsi, dando vita a composti non essenziali e non sempre benefici per la pianta. La poliammina prodotta in questo caso è denominata, infatti “putrescina”. Da un composto con questo nome non possiamo certo aspettarci nulla di buono.
La putrescina: indicatore dello stress
La putrescina rientra nelle poliammine, categoria di composti chimici contenenti nella propria molecola più gruppi amminici. Può essere un buon marcatore per determinare i livelli di stress all’interno della pianta, perché essa è la poliammina più frequentemente prodotta in situazioni di elevate concentrazioni di azoto ammoniacale.
Cause di eccesso di ammonio
L’eccesso di ammonio può essere dovuto in primis ad una riduzione dell’attività metabolica di trasformazione dell’ammonio in ammine, amminoacidi e proteine. In questo caso si è soliti intervenire in campo aumentando in maniera significativa le applicazioni di magnesio alla pianta. Questo perché il magnesio migliora il funzionamento dell’enzima glutammina-sintetasi che costituisce il sito di regolazione principale del metabolismo dell’azoto.
Un’altra possibile causa dell’eccesso di ammonio può essere rappresentata da stress idrici, a causa di un errato dimensionamento degli impianti di irrigazione oppure delle condizioni pedoclimatiche in campo. Con l’eccesso idrico si verifica nel terreno un abbassamento dell’ossigenazione totale. Ciò provoca l’abbassamento dell’attività microbica, in particolare dei batteri nitrificanti, che favoriscono la presenza della forma ridotta dell’ammonio rispetto a quella ossidata.
Pertanto la concentrazione elevata di ammonio nel profilo idrico e radicale favorirà un assorbimento importante dell’ammonio da parte della pianta e quindi un’elevata concentrazione dell’elemento nei tessuti.
Arginina: fondamentale l’analisi per capire i livelli di azoto
L’arginina è un aminoacido essenziale e rappresenta una delle sostanze di riserva delle piante. La nutrizione azotata autunnale è fondamentale per la creazione di queste riserve. Quando le riserve sono già formate, uno strumento fondamentale è l’analisi dell’arginina presente all’interno delle radici, proprio perché questa è fonte di ammonio e quindi dell’azoto disponibile.
Va ricordato che la fase di ripresa vegetativa è garantita soltanto dalle sostanze di riserva della pianta, poiché l’assorbimento radicale comincia nelle fasi successive. L’analisi dell’arginina viene pertanto utilizzata come indicatore delle riserve nutritive, per indicarci disponibilità di azoto derivante dalla scissione del suddetto aminoacido.
Quest’analisi si rende quindi fondamentale per ottenere informazioni sulla ripresa vegetativa e per programmare correttamente la concimazione in virtù degli elementi già disponibili.
L’influenza del clima sulle fitopatie
Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato alcune fisiopatie derivanti da un eccesso di azoto nelle piante. Va però ricordato che la maggior parte di queste sono favorite da determinate condizioni climatiche. È il caso, ad esempio, della febbre di primavera. Condizioni di scarsa luminosità o cambiamenti repentini della temperatura inibiscono l’enzima nitrogenasi, determinando un accumulo di azoto ammoniacale. Quest’ultimo però continuerà ad essere “pompato” da parte delle radici verso gli apici vegetativi fino a raggiungere livelli che possono diventare tossici. Una volta che i livelli di ammonio saranno molto elevati, esso si trasformerà in putrescina provocando l’insorgere della febbre di primavera.
Potremmo quindi dire che la primavera fredda, associata ad un eccesso di ammonio presente nei vacuoli fogliari, predispone la manifestazione della febbre di primavera.
Anche per il disseccamento del rachide il clima gioca un ruolo chiave. I sintomi associati a questa fisiopatia infatti, si manifestano in estate, sotto i teli e in presenza di caldo e umidità. Quando le giornate diventano più fresche, oppure riusciamo ad abbassare la temperatura nel vigneto con l’irrigazione, si riesce – in genere – a mitigare la fisiopatia.
Un ventaglio di problemi
La nutrizione autunnale è quindi molto importante per preparare correttamente la pianta all’anno successivo, ma eccedere nella nutrizione azotata può essere deleterio per le nostre viti. Se i livelli di arginina presenti nelle analisi sono molto alti, avremo una predisposizione della pianta alla febbre di primavera e, più in generale, a fisiopatie legate ad eccessi di azoto.
Durante il ciclo annuale la febbre di primavera è solo la più precoce delle fisiopatie dettate da uno squilibrio dell’azoto. A causa dell’eccesso di azoto – infatti – potremmo notare:
- problemi in fioritura, l’eccesso di putrescina indurrà la caduta dei fiori e quindi la necrosi fiorale;
- ridotte dimensioni del grappolo rispetto agli standard;
- disseccamento del rachide causato dell’elevata presenza di putrescine (e quindi di azoto ammoniacale che sbilancia il rapporto cationico esistente con il calcio e con il magnesio);
- bacca molle e di scarsa qualità che deprezzerà il nostro grappolo.
Fisiopatie: solo gestione preventiva
In questo articolo si è cercato di evidenziare come non è sufficiente osservare un singolo sintomo in campo per poter effettuare una diagnosi veritiera dello stato nutrizionale della pianta. Molti fra i classici sintomi da carenza o eccesso di un macroelemento sono, infatti, la conseguenza della carenza di più elementi; oppure il risultato di precise condizioni climatiche o ancora l’effetto di stress idrici. Ragion per cui parliamo di disordini nutrizionali e non di carenze o eccessi. Nel caso della febbre di primavera, ad esempio, il ritorno di freddo è una delle concause del problema.
Certo, dal canto suo, il produttore può intervenire cercando di ottimizzare la quantità delle riserve e programmando una corretta concimazione. Analisi preventive, come quelle dell’arginina di cui abbiamo parlato in precedenza, possono darci una mano nella corretta gestione della pianta e delle sue concimazioni e irrigazioni.
Infine, è importante sottolineare ancora una volta che nessun prodotto sarà in grado di risolvere il problema se l’applicazione avverrà dopo il manifestarsi di sintomi acuti. Per esempio distribuire in campo magnesio, per il contenimento del disseccamento del rachide già in atto, non avrà alcun effetto. Il nostro lavoro in campo dovrà sempre essere preventivo.